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Un convegno di Save per aiutare i bambini

In una tavola rotonda organizzata dalla Fondazione Fatebenefratelli in collaborazione con l’ospedale Pedriatico Bambino Gesu, nell’ambito del progetto europeo Save (Support and treatment of traumatized children After ViolencE), è stato proposto un programma di sostegno psico-sociale diretto proprio alle vittime di violenza.

C’è un grande, importantissimo effetto collaterale della violenza sulle donne: i bambini. Si chiama violenza assistita. Un problema pressante e lungamente ignorato. Che ha portato e continua a portare a gravi problemi psicologici e a effetti drammatici. Se ne è parlato nella tavola rotonda che si è tenuta a Casa “Il Pitigliani” nella cornice di Trastevere dal titolo  Le implicazioni psicologiche, sociali e giuridiche della violenza assistita il 9 febbraio, organizzata dalla Fondazione Fatebenefratelli e con la partecipazione dall’ospedale Pedriatico Bambino Gesu, nell’ambito del progetto europeo Save (Support and treatment of traumatized children After ViolencE).

Un progetto coordinato dalla Spagna e, per l’Italia, dalla dottoressa Mariacarla Ventriglia, responsabile scientifico. Un programma di sostegno psico-sociale diretto proprio alle vittime di violenza e, appunto, ai loro familiari, che ha l’obiettivo di aiutare a migliorare le conoscenze e le capacità dei professionisti sanitari che si trovano ad operare in questo delicato settore. Un programma che dovrebbe aiutare a elaborare un protocollo con i professionisti (sanitari, psicologi e avvocati) e con le forze dell’ordine per favorire la denuncia delle violenze e facilitare l’intervento.

Da dieci anni il Centro Accoglienza Persone Esposte (Ape), che ha sede al Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina, porta avanti progetti di sostegno e assistenza alle persone vittime di violenza. E in questo decennio, come ha sottolineato nel corso del convegno Paola Santucci, responsabile della fondazione Fatebenefratelli, “si sono formate importanti competenze, grazie anche alla collaborazione con enti qualificati come l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, e grazie a un’esperienza assistenziale significativa come quella del centro antiviolenza del Fatebenefratelli (centro Ape) nel quale operano figure di rilievo: medici, psicologhe, assistenti sociali e legali”.

All’incontro sono intervenute anche le avvocate Maria Chiara Parmiggiani, penalista, e Roberta Galgano, civilista, oltre a Cristina Ciuffa, psicologa e psicoterapeuta, che da anni fanno parte dell’équipe del centro antiviolenza dell’Isola Tiberina. Nel corso dei loro interventi hanno sottolineato le criticità riscontrate nell’esercizio della loro esperienza professionale nel contrasto alla violenza contro donne e minori. “La violenza è trasversale”, ha spiegato la penalista. “Può colpire chiunque a prescindere dall’età, dallo status sociale, dalla situazione economica, e può essere di varia natura: fisica, sessuale, psicologica, ma anche economica o, nel caso di vittime minorenni, anche assistita”.

Un bambino che assiste alla violenza, probabilmente diventerà autore o vittima a sua volta. Secondo il consiglio d’Europa, una donna europea su quattro subisce, nella vita, violenza domestica. Ogni bambino esposto alla violenza in casa reagisce in modo diverso, ma assistere alla violenza contro la madre è, in tutti i casi, una forma di abuso psicologico che ha conseguenze potenzialmente gravi.

Ecco che il progetto europeo Save, in cui si è inserito, appunto, il convegno, vuole essere una risposta coordinata a questa grave realtà: creando una rete sul territorio in grado di coinvolgere forze dell’ordine, magistrati, avvocati, medici e sanitari per offrire risposte concrete, integrate e il più possibile efficaci nella lotta alla violenza domestica.

Link all’articolo di Repubblica

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